Ritrovo su un vecchio quaderno poesie giovanili, tracce e passaggi di tempo. Versi come "mi adagio nell'orma di una giornata buona" e "Tra il dire e il fare il saggio orientale /oggi è ció che deve essere".
Così come allora per capire, forse non resta che farsi visitare dalla poesia.
Così come allora per capire, forse non resta che farsi visitare dalla poesia.
Non è la vita che fugge
che non lascia e disperde le tracce,
come quando leggero cammini
e non calpesti ma invii
carezze alla terra.
No, è invece la vita che resta e persiste
in un'orma segnata, schiacciata,
passaggio obbligato senza via di fuga,
ruga del tempo, traccia pesante
impronta che conta.
Non più tenui sfrigolii di giovani passi leggeri:
"Tra il dire e il fare il saggio orientale
oggi è ció che deve essere".
Invece è traccia reale, presenza costante
di ciò che è umana esistenza
peso e fatica che schiaccia
misura esatta di stare e restare
non piú adagiato
"nell'orma di una giornata buona"
ma pressato, confinato, costretto
in una traccia di marcia forzata.
E per di piú di sola andata.
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