Angelini
e Pavia
Nel Discorso con la mia città Angelini comincia a pensare in modo armonioso Pavia «che vuoi dire conoscerla intimamente ». È una scoperta dell’insieme che parte dalla forma archeologica del castrum, del cardo e del decumano. È una sorta di risalita alle origini, a quella che potremmo definire l’editio princeps della città, da cui poi raccogliere e collazionarne le varianti.
“Stradario pavese” (uscito nel volume Carta, penna e calamaio, 1944) può essere considerato un « copione cinematografico in fieri ». Con questi scritti Angelini gira il suo film su Pavia. Protagoniste diventano le strade che «arrivano dalla campagna, ancora illuminate di rogge e prati. Alle porte si trasformano, timide; si mettono sul bello... » e, una volta arrivate in centro, diventano:
Parlandone
come dall’alto, i milanesi la chiamano provincia". Non so cosa
vogliano dire; se non, forse, una condizione di vita modesta ma certo
onesta, che è la sua più vera aristocrazia, fatta di silenzio e di
pudore nei confronti con una città tumultuosa e indemoniata come la
loro è. Città di tono tenue, a Pavia si ritrovano ancora le virtù
screditate: ritegno, discrezione, modestia. E ce ne vantiamo.
Ma
poi protagonisti diventano i sassi:
Ma bisogna vederli, dopo la pioggia, i sassi di Pavia; lustri, sensibili, teneri, che terni quasi a calcarli. Vivi, come se l’acqua li avesse svegliati lurnachelle mèssesi tutt’insieine a camminare. Vieni a vederli in piazza Borrorneo e nelle stradine d’intorno che paion già campagna: taluni d’un nero frusciante come dossi d’anguille; altri di quarzo argenteo scattanti fuoco sotto lo zoccolo dei cavalli; altri d’un rosso che fischia; o, verdissimi come malachiti, vibrano appena sfiorati dal bacio d’una rondine.
Poi
l’occhio si alza da terra ed ecco inquadrati i bei cancelli in
ferro battuto
«che
scopri in un’improvvisa svoltata, quasi l’apparire cordiale d’una
rama di mandorlo in fiore». Più in alto ancora ed ecco i
camini, segno di una città « che ha ancora tanti focolari, tanta
umanità di vita ». E qui, con la visione, nasce la poesia:
Se poi sui tegoli lavagna appare un gatto, tutto il tetto s’arrùffa e i camini si muovono, come dentro un’improvvisa opera stregonesca; e pensi ad anime de/purgatorio che salgono e scendono per la cappa fuligginosa e contorta. Allora capisci anche meglio la funzione che hanno, lì accanto, gli abbaini, i misteriosi castelli delle civette, le dame della notte.
L’anima nascosta di Pavia ci viene svelata nello scritto Pavia, dolce provincia presente in “Frammenti del sabato”:
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