martedì 25 ottobre 2011

Tre poesie

Milo De Angelis è un grandissimo poeta. L'ultima sua raccolta si intitola "Quell'andarsene nel buio dei cortili". Le prime due poesie parlano dell'amore. La terza dei suoi studenti: De Angelis è insegnante.
Parlare di una poesia non serve. Serve molto di più leggerla, rileggerla. E soprattutto farsi leggere.

Perchè come ci dice Octavio Paz:
"L'esperienza poetica è un aprire le fonti dell'essere. Un istante e mai più. Un istante per sempre. Istante nel quale siamo ciò che fummo e saremo. In questo istante siamo vita e morte, questo e quello".
Buona lettura.



L'amore era silenzioso come una congiura
nessuno sapeva se la vita era immensa
oppure niente, se il tempo dilagava
oltre le colline oppure un dio venerando
impediva al gesto la sua crescita o impediva
alle more di restare sulle labbra.




Fu il rosa tenue del cielo, la salmodia
dei corpi vivi nella risaia, fu quel
presente di spighe
che la terra sprigionava
per noi, pattuglia di due anime:
come rintocca quell’ ostinato
silenzio dei crepuscoli,
tu ritorni da un refolo di vento.

Con una sciarpa viola ti alzi
dalla risaia e mi raggiungi, drastica presa
che tiene congiunti: c’è ancora un grido
tra i chicchi incantati e consenzienti
e ogni cosa per noi sembra creata.




Mi attendono nascosti. Talvolta

li ho portati alla vita, al grande
alfabeto del momento. Ma loro tornano lì,
muti, si stringono a un palo,

non ne vogliono sapere. E il mondo
sembra un'eco della frase
che non trovano più, caduti nel buio

di un gesto qualunque, un sabato,
in un centro commerciale.
Parlo di eroi, naturalmente, corpi

che sul quaderno avevano una spina.

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